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martedì 16 maggio 2017

Tiziana Lia
Buongiorno lettori,
oggi abbiamo il piacere di presentarvi l'autrice di Noi all'orizzonte (https://ilmondodellesognatrici.blogspot.it/2017/04/noi-allorizzonte-buongiorno-sognatori.html).
Chi è Tiziana Lia nella vita di tutti i giorni?
Sono una persona semplicissima, che ama abiti pratici, va dal parrucchiere solo quando è strettamente necessario, che si annoia ad andare in giro a guardare le vetrine se non deve comprare nulla. Sono una mamma a tempo pieno anche se fino al mese scorso lavoravo al mattino: esigenze familiari mi hanno fatto decidere per il licenziamento.

Come nascono le tue storie?
Con molta naturalezza. A volte non mi rendo neppure conto di voler scrivere, ma basta anche una scena di cui sono spettatrice, oppure una frase pronunciata in un film o anche il verso di una canzone ed ecco che la fantasia ricomincia a galoppare. Fondamentalmente le mie storie nascono osservando ciò che conosco, da ciò che tocco nella quotidianità. Infatti, entrambi i miei romanzi trattano argomenti attuali immersi nella storia che vede coinvolti emotivamente i due protagonisti principali.

Come riesci a incastrare i tuoi doveri famigliari e di lavoratrice con l'impegno di scrivere?
Purtroppo quando c’è di mezzo anche il lavoro è piuttosto complicato ritagliare del tempo per scrivere. Fin quando lavoravo cercavo di trovare un attimo per me, ma poi capitava spesso che c’era una figlia da seguire con le interrogazioni, un’altra da accompagnare da qualche parte (abito in campagna e faccio da taxi), il piccolo di casa che reclamava qualche attenzione… e alla fine arrivava l’ora di preparare il pranzo o la cena ed ecco che anche per quel giorno il tempo per me non scappava. E ricominciavo a organizzarmi di nuovo per l’indomani, sperando di essere più fortunata. Adesso che non lavoro mi auguro di avere davvero almeno qualche mattinata per me!

Hai degli orari ben stabiliti per scrivere?
Assolutamente no. Appena posso corro alla tastiera. Preferisco quando i figli sono a scuola o all’asilo perché ho il silenzio tutt’attorno e nessuno che mi chiama. A volte spengo anche il cellulare!

Come sviluppi la trama di un libro?
Inizio col pensare all’incontro tra i due protagonisti e ai loro dialoghi iniziali. Poi costruisco mentalmente a grandi linee i punti principali che voglio toccare, sia in termini di scene che in termini di messaggi (amo raccontare qualcosa in più rispetto alla storia in se stessa). Infine, penso al finale e una volta che sommariamente ho in testa tutto, inizio a sviluppare la storia, anche se alla fine sono i protagonisti a suggerirmi la vicenda. In pratica, in base alla psicologia dei personaggi che prende forma lentamente, o agli avvenimenti che li hanno visti protagonisti nel loro passato, tutto cambia fino all’ultima parola del romanzo. Dopo la prima stesura inizio a limare il tutto inserendo anche dettagli più sottili o a eliminare quello che alla fine risulta inutile. Ovviamente in tutto ciò parte molto importante è l’ambientazione: se non conosco direttamente i luoghi che descrivo, mi lancio in uno studio attento sul web. Ad esempio per Ai confini del cuore (2015), ambientato in California, sono andata a cercare anche la flora che cresce in certe zone. Per Noi all’orizzonte ho studiato un po’ i fiumi che bagnavano le città toscane e alla fine ho scelto il Serchio con la città di Lucca, oppure, servendomi un paese non troppo distante da Saturnia, ho scoperto un angolo fantastico della Maremma: Montemerano. Sono un po’ fissata per i dettagli, lo ammetto.

A molti autori non piace molto scrivere le trame dei propri romanzi ad altri invece non piace fare l'editing. A quale gruppo appartieni?
Forse appartengo più al primo anche se non scrivo neppure le trame perché non riesco a seguire un “canovaccio” o una linea guida. Sicuramente non faccio parte del secondo: io adoro fare editing, mi rilasso anche se è impegnativo e dopo l’ennesima rilettura a distanza di tempo rischio di saltare qualcosa perché ho imparato l’intero romanzo a memoria J. Amo verificare che il tutto tenga, che la storia non abbia buchi neri, che ogni personaggio sia coerente, oltre ai vari errori di battitura o grammaticali che, scrivendo di getto, possono sfuggire in un primo momento. Ammetto anche di aiutare con vero piacere autrici che mi chiedono un aiuto in tal senso.

Le tue cover le scegli in base al contenuto della storia oppure la scelta è soggetta all'estro del momento o alla particolare bellezza della cover?
In entrambi i miei romanzi volevo una cover che riconducesse all’intero romanzo. Per Ai confini del cuore ho trovato una foto su un sito e mi è piaciuta tanto che ho inserito anche uno stralcio che riportasse alla scena rappresentata sulla copertina. D’altro canto calzava benissimo in quel frangente della storia. L’immagine, poi, delineava alla perfezione la solitudine, quella si può vivere quando qualcosa di importante si lascia ai margini dei propri sentimenti.  Per Noi all’orizzonte ho pensato al significato intero del romanzo e ho fatto presente alla grafica (Sara Adanay Digital Art, che non smetterò mai di ringraziare) cosa volessi raccontare con l’immagine. Lei ha amalgamato le foto e ha fatto un lavoro perfetto, che adoro.

Tra le autrici, non italiane ovvio che non vogliamo metterti in imbarazzo, quali tra le straniere ti ha colpito di più ? Puoi citare anche un autore. E perché?
Non leggo molte autrici straniere, ma ho avuto modo di apprezzare alcuni romanzi di Nora Roberts e, sapere che l’approccio allo sviluppo dei miei romanzi ha diversi aspetti in comune con il suo modo di lavorare, beh, mi fa gongolare di felicità. Non mi sarei mai aspettata di somigliarle neppure una puntina d’unghia. Insomma, io non sono nessuno, in pochi mi conoscono e mi trovo bene in un cantuccio, non so se mi spiego. Come, invece, ho avuto modo di dire più volte, amo da morire Ken Follett perché nei suoi romanzi c’è tutto ciò che coinvolge un lettore: suspense, intrighi, passione, scene di dolore, i sogni dei protagonisti.

Che genere letterario prediligi quando devi rilassarti?
Sicuramente romanzi sentimentali che abbiano un tocco di suspense perché adoro restare incollata alle pagine. In quei momenti vorrei eclissarmi e ucciderei chiunque mi distoglie dalla lettura, figli e marito compresi.

Cosa pensi del self publishing? Le autrici dovrebbero essere più unite e solidali? Lo sono già ?
Premetto che io mi sono affacciata al mondo del self solo nel 2009, con la pubblicazione della prima stesura di Ai confini del cuore, che all’epoca aveva un altro titolo. Ho iniziato a vivere più assiduamente questa realtà grazie alla pubblicazione del 2015 e ritengo che il self sia una forma di pubblicazione che si espanderà sempre di più. L’unico handicap, a mio avviso, è la corsa al “on line”: a fronte di una storia piacevole spesso si possono trovare romanzi stracarichi di imprecisioni di vario genere e questo fa arretrare il lettore. Dopo due esperienze non proprio positive in tal senso, dopo un paio di volte che un lettore si ritrova a storcere il naso per gli errori riscontrati, quante altre volte darà fiducia a un autore self? Sappiamo tutti che la maggior parte di chi acquista romanzi teme sempre di imbattersi in un’opera scadente. Per quanto riguarda la solidarietà, attraverso i social ho conosciuto persone davvero fantastiche, che mi hanno aiutato e che ho avuto il piacere di aiutare a  mia volta anche con semplici consigli. Purtroppo c’è anche tanta invidia e questo, nell’ambiente self, rovina senz’altro i rapporti tra i vari autori. Una collaborazione a 360°, e soprattutto l’abolizione della rivalità, potrebbe essere un’ottima rampa di lancio per tutti perché si sa, nel tempo ognuno fa le sue esperienze e la condivisione arricchisce tutti.

Casa editrice sì oppure no?
Da un lato mi piacerebbe perché pubblicare con una CE permette di farsi conoscere, consente di imparare anche certi trucchi del mestiere, che vanno oltre i corsi di scrittura etc. La casa editrice, poi, ti aiuta nella pubblicità, ti affianca, mentre da self devi fare tutto da sola. Allo stesso tempo temo le CE perché trattano il romanzo come semplice mezzo di guadagno (ed è ovvio che sia così per loro), costringendo l’autore a tagli, a modifiche che potrebbero togliere quel tocco personale che lo scrittore vuole donare. In tutta onestà forse proverei una sola volta per vedere come va, perché non mi piacciono i compromessi. Tutte le volte che, nella mia vita, ne ho accettati, mi sono trovata malissimo e oggi li temo su ogni fronte.

Abbiamo recentemente recensito il tuo ultimo romanzo, “Noi all’orizzonte”. Hai trovato delle difficoltà particolari nella stesura?
Decisamente sì. La difficoltà più grande è legata al personaggio di Isaac che con i suoi trascorsi era logico che avesse un carattere duro e un atteggiamento distaccato. Allo stesso tempo era necessario che si aprisse un po’ e se lo avesse fatto in modo repentino, il personaggio avrebbe perso credibilità. Alla fine ho dovuto trovare una via di mezzo, ma che fatica!

Nel tuo romanzo poni a confronto due mondi agli antipodi. Come mai questa scelta?
Ho avuto modo in passato di osservare il mondo della medio borghesia e per certi aspetti non mi trovava per nulla in linea. Io mi ritrovo più con ciò che vige in un ambiente come Borgo Trilussa, dove nonostante tutto ci sono dei valori importanti da seguire e fare propri. Ho avuto modo di trovarmi per caso in un centro che accoglie giovani e quando mi sono stupita di come la vita si svolgesse in quel posto, mi sono resa conto che per certi versi anche io ero a un soffio dal giudicare senza conoscere. Insomma, rischiavo di non essere proprio così diversa dal pensiero “borghese”.  In quell’occasione mi sono chiesta: quante persone  osservano chi è diverso o ha una vita particolare e lo accetta solo se sta ben lontano da loro? In quanti fanno discorsi di perbenismo e poi… Faccio un esempio: i barboni nelle stazioni ci sono, tutti sappiamo che vivono là, ma non credo che chiunque sia disposto ad avvicinarli. In breve, alla fine in parecchi pensano “quelli strani, quelli diversi esistono e non ho nulla contro di loro, ma meglio che stiano a un palmo da me”. E Zoe, in principio, è una di loro. In questo romanzo volevo mettere in luce quanto sia sciocco fermarsi alle apparenze, a quanto amore si può dare ma soprattutto ricevere.

Cosa ti ha spinto a scrivere quest’opera?
Ero stufa, da lettrice, di leggere storie che si somigliavano tutte o per un verso o per un altro. Mi piaceva l’idea di scrivere di un personaggio di colore, visto che non mi ero mai imbattuta in storie che ne vedessero uno come protagonista principale. Quando poi mi sono ritrovata in quel centro accoglienza per giovani ho pensato subito che era il luogo ideale dove potesse essere cresciuto e di lì la storia si è creata a pezzetti nella mia testa, finché non ho potuto evitare di mettere le mani alla tastiera.

Ci vuoi fare una breve presentazione dei protagonisti della vicenda?
In ordine di apparizione, come si usa fare nei titoli di coda di un film, il primo personaggio è Zoe. Lei ama la bella vita, il lusso, un certo ambiente altolocato. E’ stato il suo sogno sin da bambina e il suo compagno di sempre le ha concesso tutto ciò che desiderava, strappandola dalla provincia, da un ambiente che le stava troppo stretto. Ma le origini e i valori nei quali è cresciuta, alla fine vengono a galla. Il secondo personaggio che appare nel romanzo è Fabio, il principe azzurro della protagonista. E lui, per certi aspetti, si avvicina alla figura di un nobile, abituato a frequentare gente di élite, figlio unico cresciuto in una famiglia benestante e avvezzo ad ottenere ciò che vuole, anche nascondendosi dietro assurde bugie o facendo finta di non vedere certe cose pur di non perdere benefici. Il cambiamento è necessario anche per lui, ma fino all’ultimo non si sa se, almeno per amore di Zoe, ci riuscirà. In ultimo, tra i tre principali, incontriamo Isaac, di origini ciadiane, un uomo duro ma anche sensibile, un tipo che incute timore ma che a poco a poco si fa amare dal lettore, tanto che finora, chiunque abbia letto Noi all’orizzonte, lo ha apprezzato tantissimo.

L’ ambientazione della storia è molto dettagliata, in particolare quella della vita nel Borgo. Come è nato questo dettaglio? Ti sei ispirata a vicende personali o di terzi?
La descrizione interna ed esterna del Borgo è molto simile al centro che ho visitato. La mia passione per i dettagli, in tal senso, è stata facilitata. Sebastiano, infine, ha le caratteristiche fisiche del rettore del centro accoglienza per ragazzi da cui ho tratto ispirazione. Preciso che salvo una brevissima presentazione del luogo, fattami da chi lo gestisce, il resto è stato tratto dal web. Per quanto riguarda, invece, le vicende personali dei vari ragazzi, quelle sono tutto frutto della mia fantasia.

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