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domenica 1 novembre 2020

Recensione La verità è che non sei distante abbastanza di Chiara Parenti





 

Marzo 2020.

Elena Tonelli è furiosa. L’Italia è in lockdown e lei è rimasta bloccata a Reggio Emilia in un appartamento che odia insieme a Lorenzo, l’ex fidanzato fedifrago che l’ha tradita e dal quale vorrebbe stare a molto più di un metro di distanza. Le cose precipitano quando l’agenzia per la quale lavora la licenzia a causa dell’annullamento degli eventi dovuto alla quarantena e lei si ritrova improvvisamente disoccupata.

Pasti separati, letti separati, spesa separata. Le regole della prigionia sono chiare ma, anche così, le battaglie sono all’ordine del giorno.

Ipocondriaca nel mezzo di una pandemia globale, Elena trascorre le giornate a disinfettare qualsiasi tipo di superficie, dalle 3564 fughe dei pavimenti di casa alle zampe del cane. Lorenzo invece è molto più rilassato su questo punto: entra ed esce di casa ogni giorno con disinvoltura, senza mai dire dove vada, cosa che manda Elena fuori di testa.

Come se non bastasse, ci sono anche i vicini a darle il tormento: l’anziano scorbutico al piano di sopra che lancia secchiate d’acqua dal balcone, e quelli del piano di sotto, una coppia di musicisti da balera a cui la faccenda del flashmob delle 18 è sfuggita di mano e ogni giorno si sente in dovere di intrattenere il quartiere con il meglio delle canzoni italiane anni ’60.

Per fortuna ci sono le amiche Rebecca, Asia e Giulia che, anche se lontane, le fanno sentire la propria vicinanza tra messaggi e videochiamate.

Ma a riempire di colore le giornate grigie di Elena è Alessandro, un affascinante giovane imprenditore che aveva conosciuto qualche mese prima durante un evento organizzato dalla sua agenzia e che sembra intenzionato a volere molto di più che chattare con lei.

Tutto cambia la sera del 18 marzo, quando alla tv passano le immagini dei mezzi dell’esercito che trasportano le bare via da Bergamo: per la prima volta, Elena e Lorenzo si rendono conto della gravità di quello che sta succedendo fuori dal loro appartamento, e allora anche la lite sulla tavoletta del wc rimasta alzata perde di significato.

Inaspettatamente ricominciano a parlare e in casa inizia il cessate il fuoco. Sarà solo una tregua provvisoria o, intrappolati insieme, riusciranno anche a riscoprire quello che li univa prima? E Alessandro cosa farà? Resterà a guardare?

 






 


   

Tre volte al giorno mi misuro la febbre, con il termometro digitale, a infrarossi e a galinstan. Poi sommo i risultati e faccio una media per avere un dato più vicino alla realtà.

Sono la Stephen Hawking della piressia.

Ho comprato al mercato nero un saturimetro per tenere sott’occhio l’ossigenazione dei miei polmoni, sebbene mio fratello sostenga che dovrei preoccuparmi più di quella del cervello.

Stronzo.
Ho fatto scorte di paracetamolo, fermenti lattici e vitamine B, C, D… e tutto l’alfabeto. Anche di quello cinese, per sicurezza.

Quando non sono impegnata a studiare i miei parametri vitali per sapere se sono ancora viva, pulisco.
Decontamino chiavi, pezzi di puzzle, le 3564 fughe dei pavimenti di casa. Ogni volta che disinfetto la bottiglia del disinfettante è un luminoso momento metafisico.

 



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Giorno centordicimila. La mia trasformazione in uno zombie sta procedendo bene.

Mi trascino in casa sbrindellata, fatiscente e confusa, parlando ormai solo con Alexa e, a volte, mandando affanculo pure lei.

Non so più se è oggi, ieri o domani. Mi chiedo sempre più spesso “Che anno è, che giorno è?”, come cantava Battisti. Ormai i vicini di sotto mi hanno contagiato con il revival, speriamo solo con quello.

Per essere sicura, disinfetto ogni cosa.

Passo il tempo a giocare a carte con il pesce rosso Claus che mi guarda confuso dalla sua boccia, do lo smalto al cane e gli faccio il bagno in vasca quasi ogni giorno. Qualche altra settimana di quarantena e mi si restringerà come un chihuaua.

Ho paura di uscire, ma non riesco nemmeno a stare in questa casa. Fuori c’è il virus ma qui c’è Lorenzo. Non so dove andare.

 


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«Anche io ho paura» mormoro, sconvolta e stupita per la mia stessa ammissione.

Segue un lungo silenzio in cui nessuno dei due sa cosa dire.

Dopo un po’, è lui a spezzarlo ancora. «Comunque sì, scusa, adesso ti lascio la cucina…» Lorenzo muove un passo verso il corridoio e poi ci ripensa. «Oppure…» mi fa con un accenno di sorriso, sembra quasi imbarazzato adesso. «Be’, senti, siccome ho fatto troppe lasagne, se vuoi puoi mangiare quelle.»

Il primo istinto è dirgli no. Non se ne parla. Non voglio niente da lui. Non più.

Poi ripenso alle bare, al silenzio, al buio e alla paura.

Prendo un respiro.

Sono viva. Siamo vivi. «Okay.»







Buongiorno Mondo di Sognatori e Sognatrici, oggi sono qui a parlarvi di un nuovo romanzo di un’autrice molto valida che conoscete tutti per le sue storie leggere e divertenti. È una storia ambientata nel periodo brutto che purtroppo stiamo vivendo a causa del Covid 19; personalmente, come autrice e anche come lettrice, ho evitato di leggere e di immortalare questa situazione anomala, quasi una realtà distopica, che stiamo subendo tutti. 



Come bergamasca acquisita, moglie, madre e amica di tanti bergamaschi mi sono sentita un po’ di parte quando Bergamo veniva tirata in causa continuamente e... a volte in situazioni non sempre consone. Non amo ricordare i momenti terribili che abbiamo vissuto e che stiamo ancora vivendo ma un chiarimento dell’autrice alla fine del libro mi ha fatto ricordare che non tutti soffrono allo stesso modo e che ognuno reagisce al dolore con tempi e modi diversi. 


Lorenzo ed Elena sono due giovani costretti dalla pandemia a continuare la convivenza malgrado si siano appena lasciati. Lorenzo ha confessato ad Elena di averla tradita. Da allora continuano a litigare e urlarsi contro tutta la loro rabbia e frustrazione. Fra i continui battibecchi, le canzoni cantate sul balcone, licenziamenti di entrambi e un giovane cliente di lei, Alessandro, che ritorna dal passato nel chiaro intento di conquistarla ho come l'impressione che la storia faccia fatica a decollare ed è un vero peccato perché il materiale c’è tutto! 



Manca quel certo “je ne sais quoi” che faccia risaltare questa splendida storia d’amore, attraverso le varie Epifanie e i percorsi introspettivi che vive questa coppia, come un gioiello prezioso. 
La trama è accattivante, gli ingredienti ci sono tutti eppure la storia secondo me non è valorizzata appieno. Consiglierei l’autrice di tagliare alcune battute - valide e divertenti per carità! - che risultano un pochino “stonate”, che sembrano quasi come una forzatura, volute a tutti i costi per alleggerire il contesto. Secondo me la crescita personale di entrambi i protagonisti merita di essere valorizzata di più e non “svilita” accompagnandola con le “maraschinate” come l’autrice definisce alcune piccole gag della protagonista. 



Questo è solo un mio pensiero, vi dico che il libro è piacevole da leggere - ho letto il libro in un solo giorno - e anche se mi ha fatto riandare alla mente a quel terribile marzo ho trovato la prosa sciolta dell’autrice e alcune sue riflessioni esistenziali molto valide e degne di essere immortalate in un contesto meno leggero anche se comprendo il bisogno di Chiara di leggerezza - ne avvertivo la necessità anch’io in quel periodo - e di volere affrontare di petto questa pandemia con le sue armi cercando di ridimensionare il mostro magari con ironia e seppellendolo con una risata. 
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